Morire per amore si può. È
quello che è successo al fotoreporter francese Remi Ochlik, che ha trovato la
fine a Homs, in Siria, lo scorso 22 febbraio, in un attentato voluto dal regime
di Al Assad. Nato a Thionville, 28 anni fa, si era diplomato alla scuola
Icart-Photo di Parigi, per poi fondare la sua agenzia IP3 Press, specializzata
nei reportage. Il suo sogno, fin da
quando aveva deciso di dedicarsi a questo mestiere era di andare in guerra per
documentare con la sua macchina fotografica quello che succedeva in quei paesi
dove il conflitto regna sovrano. In un’intervista al Direttore di Wostok, Slavica
Jovicevic, aveva addirittura dichiarato che la guerra è un affare pericoloso, “ma
io sono lì dove ho sempre sognato di essere. E quando il pericolo è passato c'è
una sola voglia, una sola idea fissa: ritornarci, ancora e ancora. La guerra è
peggio di una droga». Remi aveva appena vinto il World Press Photo 2012, nella categoria General News con un immagine
scattata durante il conflitto in Libia durante la primavera scorsa. Purtroppo ha trovato la morte, insieme
alla giornalista americana Mary Colvin, per mezzo della sua più grande
passione, del suo più grande amore: la fotografia. Quell’arte che permette di
vedere l’altra faccia del mondo che altrimenti non potremmo mai conoscere,
quell’arte del fotogiornalismo che non può mentire mai.
©Remi Ochlik vincitore del World Press Photo 2012, nella categoria General News
www.repubblica.it
quando muore un fotografo io sono in lutto...
RispondiEliminaquello che mi piace invece è la tua idea romantica della fotografia.
E' vero, ho un'idea romantica della fotografia. E ogni giorno cresce questo sentimento.
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